Quieti, Daniela, 2012
Daniela Quieti, Francis Bacon. La visione del futuro, Presentazione di Walter Mauro, Prefazione di Aldo Onorati, Pescara, Edizioni Tracce (La ginestra 1), 2012, pagine 136, in Literary.it, 10 (2012).
Testo della recensione
Il libro espone, sostanzialmente attraverso l’analisi dei due libri di The proficience and advancement of learning, del 1605, confrontato con il successivo testo latino, De augmentis et dignitate scientiarum, del 1623, ampliato a nove libri, la novità del pensiero baconiano: la proposta del sistema induttivo nella elaborazione della scienza della natura. Bacon si colloca all’origine di quel percorso ideologico-filosofico, morale e dottrinale che ha generato la “civiltà occidentale” con i suoi progressi accelerati verso un mondo umano altamente tecnicizzato a seguito degli sviluppi del pensiero scientifico e filosofico. È ovvio che per alcuni aspetti egli fu debitore della cultura precedente – e non perché conoscesse il latino e il greco (nel Cinque-Seicento, tutti quanti, ovviamente quelli che compivano studi, conoscevano il greco e il latino; e ancora Cartesio scrisse opere in latino, quali le Meditationes de prima philosophia, Principia philosophiae, Physico-mathematica. Compendium musicae), ma perché egli fu un antesignano, un precursore o, come a volte è chiamato, “il profeta della scienza”; egli, con il suo principio dell’induzione sperimentale, mise le basi per il proficuo rinnovamento dell’approccio mentale allo studio della natura, ma non rivoluzionò radicalmente il pensiero scientifico (si dedicò alla natura in senso qualitativo, quindi con mentalità aristotelica, più che quantitativo, come invece poi avrebbe proceduto Galilei). Comunque, si può ben dire che egli anticipò “il futuro” – come percorso che va dal suo tempo al nostro attuale –, proprio nel senso che, come s’è detto, gli sviluppi metodologici nel campo delle scienze e del pensiero filosofico si susseguirono a partire dalla sua nuova prospettiva che rompeva dichiaratamente con la fisica intesa come parte della metafisica. Nel senso, poi, del “futuro” rispetto al nostro tempo presente, Bacon anticipò – osserva l’Autrice – la “unione delle scoperte e sinergia degli studiosi” (p. 59).
Nelle prime battute di riflessione e di interrogazione teoretica, l’Autrice pone un contrappunto concettuale tra la “proposta baconiana” – più in generale, la prospettiva della scienza – e la insufficienza della stessa prospettiva scientifica in ordine alla realizzazione di un “mondo migliore che sarebbe il vero ‘regno di Dio’” (p. 20). Questo secondo corno dialettico è esposto grazie ad una illustre considerazione di papa Benedetto XVI, tratta da un passo della Spe salvi (l’enciclica del 30 novembre 2007): “Il tempo moderno ha sviluppato la speranza dell’instaurazione di un mondo perfetto che, grazie alle conoscenze della scienza e ad una politica scientificamente fondata, sembrava esser diventata realizzabile. Così la speranza del regno di Dio è stata rimpiazzata dalla speranza del regno dell’uomo, dalla speranza di un mondo migliore che sarebbe il vero’regno di Dio’. Questa sembrava finalmente la speranza grande e realistica, di cui l’uomo ha bisogno… Ma nel corso del tempo appare chiaro che questa speranza fugge sempre più lontano” (p. 20).
Per il vero, c’è da precisare che il timore per quella insidia dell’attesa di un mondo perfetto non si collega direttamente al pensiero baconiano. Benché Bacon si collochi indubbiamente all’origine della corrente del pensiero moderno che ha portato sempre più avanti la fiducia nella scienza e nella tecnica, una fiducia tutta fondata sulla ragione e sulle immanenti capacità umane di dominare il mondo naturalistico, tuttavia egli era ben lontano dall’essere approdato ad una visione scientifica che aprisse la strada alla teorizzazione dell’assolutezza scientifica – inaugurata invece, in seguito, da Galileo con il principio fisico-filosofico del “valore assoluto della matematica” – come recentemente ha ricordato Carlo Frison (Nel nome di Elohim e di Yahweh e dello Spirito Santo. Quattro saggi sull’origine dell’idea della Trinità e sulla critica della religione): un principio che costituiva “la radicale pericolosità”, in odore di rogo, per la teologia, poiché, “l’applicazione della rigorosità della matematica ai fenomeni naturali rafforzava la concezione deterministica, attribuendo a Dio la creazione di un mondo non più alterabile con i miracoli e negando il libero arbitrio dell’uomo” (p. 111). Ma anche il pensiero galileiano non sarebbe pervenuto affatto alla autarchica fiducia di un mondo migliore fondato sulla sola ragione produttrice di scienza, di tecnica e di politica – e anche di religione – sottratta al Dio rivelato. La considerazione papale attiene invece, per essere precisi e storicamente corretti, al pensiero illuministico, cioè a quel pensiero che si colloca per l’appunto nel Secolo dei Lumi, il Settecento.
Inoltre è da tener presente che la parola pontificia non si propone una critica scientifica del pensiero fisico-filosofico, non si inquadra in una contestualità dottrinale di ordine scientifico; la parola pontificia rientra – e in esso si ferma – in un contesto di ordine morale e di ordine religioso: essa cioè intende tenere in guardia l’umanità da tutto ciò che può allontanare dalla fede nel Dio rivelatosi in Cristo.
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