Fiorentini, Elisabetta, 1989
Morire a cent’anni, recensione di Elisabetta Fiorentini, Morire a cent’anni: passione e amore della vecchiaia, Torino, Gribaudi (Saggistica), 1989, pagine 176, «Rosetum», 6 (1990) pagina 20.
Testo della recensione
Tra denatalità e progressivo aumento dell’età media, l’Italia si avvia verso tempi assai poco rosei. Le cifre parlano chiaro, e un convegno svoltosi nei giorni scorsi a Bologna, dal tema “Le politiche familiari in Europa”, indica una allarmante evoluzione sociale: natalità drasticamente dimezzata negli ultimi 30 anni e un aumento costante della popolazione ultrasessantenne previsto per i prossimi decenni. Sono dati che sollevano fin d’ora enormi interrogativi ai quali il potere pubblico sembra impreparato a rispondere.
La famiglia, di cui viene ribadito il ruolo di prima struttura sociale, e alla quale facilmente ci si appella in materia di morale o per esigenza di mercato, è lasciata totalmente a se stessa quando si trova ad affrontare il problema della vecchiaia. L’anziano malato, infortunato o comunque in condizioni più o meno croniche di dipendenza, è un pesante fardello di responsabilità, costi e disagi che né lo Stato né gli Enti locali sanno alleggerire.
Ed è alla donna, è bene sottolinearlo, cui viene demandato il sacrificio quotidiano dell’assistenza che non ha orari né limiti, in un succedersi di riti e corvées che soltanto chi ha passato qualche ora accanto ad un anziano invalido può intuire: medicine, pulizia, iniezioni, pannoloni, assistenza a pagamento. Intanto, dal Vaticano Giovanni Paolo II richiama severamente la Chiesa ad un’attenzione più sollecita e cristiana al problema della terza età, mentre da una moderna metropoli il cardinale Martini tuona contro la lenta e drammatica eutanasia cui gli anziani sono sottoposti quotidianamente, sia che si trovino in un ricovero, sia che si lascino morire in un angolo silenzioso della propria casa.
Fra tanti cori autorevoli, anche una testimonianza diretta da parte di una donna che ha affrontato il problema dell’assistenza all’anziano e che non esita a denunciarne in un libro tutta la drammaticità e l’assurdo. Il libro, dall’emblematico titolo Morire a cent’anni, è la cronaca di una esperienza comune a molte altre donne impegnate a conciliare lavoro, famiglia e identità stessa con il gravoso compito che la presenza di un anziano in casa richiede. L’autrice, Elisabetta Fiorentini, già scrittrice nota nel mondo della scuola e collaboratrice testate giornalistiche quali «Madre» e «II Giornale», si trova improvvisamente a dover provvedere alle molteplici necessità di una zia ultranovantenne immobilizzata dalla rottura del femore. Nella forma tipica della denuncia femminile, il diario, la Fiorentini mette a nudo un universo fatto di pietismi e facili parole, di istituzioni ora assenti ora interessate, di disagi e servizi quanto mai carenti. Un panorama da brividi e da riflessione, se è vero che l’italiano medio ha preso la brutta abitudine di campare a lungo. Ci sarà posto per noi nei cuori e nelle case dei nostri figli, o saremo costretti a cercare rifugio nel ventre polveroso e inospitale di un ospizio? E a quali condizioni? Sono interrogativi che è meglio non ignorare.
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.