Festini, Wally, 1989
Wally Festini Cucco, Psicologia degli scacchi. Simboli e affetti, Milano, Franco Angeli, 1989, pagine 161, «Rosetum», 3 (1992) pagina 23 e «Il Ragguaglio Librario», 2 (1992) pagina 68; poi in Literary.it, 5 (2015).
Testo della recensione
Il libro si inserisce in una problematica che non solo ha goduto dell’onore letterario, ma che è stata studiata anche dalla psicoanalisi. Esso però si discosta dai precedenti saggi psicoanalitici, in quanto predilige il metodo induttivo a quello aprioristico. La novità consiste infatti in un’indagine “sul campo” (nella Società Scacchistica Milanese), compiuta attraverso interviste scientificamente preparate. Il questionario, molto complesso e ben spiegato in un apposito paragrafo, tende a rilevare le componenti oggettive e soggettive del giocatore: la configurazione sociale e le simbolizzazioni affettive. Questi aspetti del gioco sono differenziati analiticamente secondo il sesso, l’età, la professione e la categoria scacchistica dei soggetti. Un largo spazio è dedicato ai significati emotivi dei singoli pezzi degli scacchi, con particolare attenzione al sesso delle persone intervistate. E si scopre, così, che non necessariamente l’importanza di un pezzo nell’economia del gioco comporta un corrispondente valore emotivo: il Cavallo ad esempio suscita più emozione degli altri pezzi. A sua volta, però, il rapporto emotivo può essere positivo o negativo: e in questo caso si scopre che ad essere connotato positivamente, più degli altri, non è il pezzo di maggiore importanza scacchistica, il Re, ma è la Donna. Inoltre è interessante vedere a quali figure reali i giocatori associno i vari pezzi. Per lo più le associazioni risultano riferite a figure umane (ad esempio, la Torre può far pensare a un capoufficio, ecc.) e, a sua volta, a persone umane “familiari”. In questa indagine è instaurato un rapporto anche con il significato del pezzo assunto nella storia degli scacchi ed inoltre è preso in esame il motivo per cui le donne giochino meno degli uomini e le ragioni implicate nel giudizio secondo cui le donne siano meno “abili”. Infine un interrogativo: è “follia” dedicarsi totalmente agli scacchi? Certo: tanto quanto lo è dedicarsi esclusivamente ad un’arte o ad una professione. [Francesco di Ciaccia]
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