Scarale, G., P. Pio, 1986

Giovanni Scarale, Ora Padre Pio è in noi; tavole di Michele Miglionico, Podalirio [Manduria, Tiemme], 1986, pagine 63, «L’Italia francescana», 6 (1986) pagina 461.

 

Copertina, Scarale, P. Pio, 1986

In copertina: Michele Migliònico, Padre Pio

 

 

Testo della recensione

L’autore già da anni ha tenuto viva, con le sue liriche, la memoria di Padre Pio a San Giovanni Rotondo e in Italia. La sua poesia non è soltanto commemorativa, pur tra le pieghe di quella struggente nostalgia spirituale in cui la «presenza» del Padre è vista in ogni luogo del «Monte» e – egli afferma – «nel profumo che dal tuo corpo si diffonde al mondo». La poesia di Scarale è soprattutto scandaglio dell’anima del frate ed è sofferta riflessione sulle implicazioni, nel mondo, della santità. Questi sono i due messaggi più incisivi ed importanti dell’autore.

Scandaglio dell’anima. Il frate del Gargano è seguito nella sua insondabile unione con Dio, così come nella sua attività («officina») di perdono, nella quale appaiono al penitenziere, spesso, terribili «buchi d’occhi vuoti», nel martirio interiore di piaghe e di persecuzione, quanto meno di distanza abissale dal mondo: distanza che è, per ogni anima superiore, insieme immersione, compromissione e lontananza, estraneità.

Le implicazioni, nel mondo, della santità. Il suo frutto è la liberazione dell’uomo, è il sorgere dell’amore, è la luce che si espande: «E germini d’amore il tuo seme / sì che le genti in un ovile solo / offrano lacrime fraterne / come la rosa che s’incima al rovo»; «il suo profumo riempie questo secolo / il suo colore è l’alba del domani, / e questa terra che lo nutre è il punto / da cui si libra l’angelo d’amore». L’influenza della santità, benché universale, passa attraverso la singola persona: «II bene che mi dai lo dono agli altri, / e quando non ne ho più da te ritorno, sorgente viva».

Il processo della santità è duro, ma anche la ricerca di far prevalere le forze del bene su quelle del male è difficoltosa: la «dignità» dell’uomo è ovunque e in diversi modi umiliata dalle proprie debolezze e, su un piano sociale, dal cinismo e dall’egoismo generali: «il tempo ha tarlato le speranze. Se ne vanno altrove / i figli stanchi di rapimenti / e del clamore di promesse sentono / il trucco squallido, lo sberleffo antico». In questa terra «avara», però, resta l’esempio di «lui», che «ha combattuto / e della vita ha fatto un solo altare / dove l’angoscia, dove ogni travaglio / si componeva nel sorriso d’anima».

Uno dei maggiori tormenti che il poeta vede nella santità è quello della giustizia: «L’ansia di giustizia mi toglie il sonno». In questa giustizia universale, eterna e al contempo storica, l’uomo è il mistero ambiguo del bene e del male, per il quale nasce nel cuore del santo il sussulto di fronte alla grandezza umiliata. Più a Dio si è vicino, più dell’uomo si ha bisogno, nel senso del servizio totale e incondizionato all’uomo per amore del comune Padre: «Quando vedo un uomo / mi trema il cuore […] / E il desiderio mi riporta a te, Padre, che per l’uomo ti immolavi: / le tue parole dolci / le tue parole dure / depuravano l’anima, / perché sbocciasse il fiore dell’accordo».

Tra biografia ed intuizione mistica, a volte tra la cronaca (dei momenti salienti della storia di Padre Pio) e l’autobiografismo spirituale, tra ansietà umana ed ansietà soprannaturale, la poesia di Giovanni Scarale si incarna in una parola essenziale, non ermeneutica ma classica (trascinata a volte in soluzioni che somigliano a quelle dantesche), in immagini dure e potenti come è la pietra della sua terra d’origine, San Giovanni Rotondo sul Gargano. [Francesco di Ciaccia]

 

 

 

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